Lucio Caracciolo è il direttore di Limes, rivista di geopolitica. Di seguito una interessante intervista rilasciata all’Unità di oggi:
Quali scenari apre la guerra in Libia?
«Gli scenari sono totalmente imprevedibili anche perché non sono chiari gli obiettivi strategici degli attaccanti, Francia in testa. Se è vero, come è molto probabile, che le ragioni che hanno spinto Sarkozy in guerra sono innanzitutto domestiche, ossia elettorali, ciò significa che non ci sarà una logica strategica in questa guerra. È diventata una questione di faccia, giocata sulla pelle dei libici».
E l’Italia?
«L’Italia ha una certezza. Comunque andrà a finire, abbiamo perso. Se Gheddafi resiste, ce la farà pagare, sotto forma di concessioni energetiche e non solo. Se vincono i suoi nemici, si legheranno mani e piedi ad americani, francesi e inglesi, a chi li ha appoggiati davvero. Se non vincessero né gli uni né gli altri e si finisse in una grande Somalia con il petrolio, non solo avremmo perso la guerra, ma avremmo una fonte permanente di instabilità alla frontiera Sud».
C’è chi ha sostenuto, esaltando questo elemento, che l’intervento militare in Libia sia stato il frutto dell’iniziativa europea e non, come ad esempio in Afghanistan o Iraq, della determinazione americana…
«Quale Europa? Questa guerra l’hanno voluta francesi e inglesi; non la vogliono i tedeschi e molti altri Paesi europei sembrano incerti. Quanto a noi, come al solito siamo vittime della sindrome del “posto a tavola”, nell’illusione che partecipando, a modo nostro, a questa operazione di matrice “sarkoziana”, i francesi, gli inglesi e gli americani vorranno spartire con noi il bottino della vittoria».
Insisto sul quadro internazionale e sul sistema di alleanze che si è manifestato in questa circostanza.A spingere per la creazione della «no fly zone» in Libia è stata anche la Lega araba…
«Questa copertura della Lega araba è stata decisiva per convincere Obama a entrare, dopo molte incertezze, nella breccia aperta da Sarkozy. Peccato che finora di mezzi arabi in questa guerra non se ne vedano, e che gran parte dei signori della Lega araba che hanno aderito verbalmente all’attacco siedano su troni traballanti. D’altronde la tardiva dissociazione della Lega araba dai bombardamenti toglie una importante copertura alla guerra che diviene così bollata come operazione franco-inglese con la limitata copertura americana e la partecipazione “straordinaria” dell’Italia».
L’ultimo numero di «Limes», in edicola e nelle librerie, è dedicato al «Grande tsunami» che ha sconvolto il Nord Africa e il Vicino Oriente”. In che modo la vicenda libica s’inquadra in questo contesto?
«La guerra in Libia è una storia a parte. L’errore di collocarla in una serie, dopo la Tunisia e l’Egitto, è alla radice della scelta franco-in-glese-americana di entrare in guerra. Non esiste una rivoluzione popolare in Libia, e comunque Gheddafi può contare ancora su un forte consenso in Tripolitania; consenso che sarà rafforzato dall’attacco occidentale. Non ci resta che sperare che qualcuno dei suoi lo faccia fuori, ma mi pare una speranza ardita».
«Il Mediterraneo è diventato un campo di battaglia. Attaccheremo obiettivi civili e militari», minaccia Gheddafi, aggiungendo che «siamo pronti a una guerra lunga». Sono solo farneticazioni di un disperato?
«È la speranza nostra e delle altre potenze attaccanti ma temo che sia solo una speranza».
Su Il POST Giovanni Fontana elenca cinque punti nodali sulla Guerra in Libia, qui l’articolo, di seguito un estratto:
5) Anche altrove ci sono violazioni dei diritti umani
Questo è l’argomento che l’Independent ha definito Perché-Dovrei-Mettere-In-Ordine-La-Mia-Cameretta-Quando-Il-Mondo-È-Così-Incasinato. È giusto o non è giusto mettere in ordine la cameretta? Si fa bene o si fa male? Certo, in Arabia Saudita, in Bahrein, in Qatar, in tante parti del mondo ci sono violazioni dei diritti umani: sostenere che, siccome si sbaglia in un posto, bisogna sbagliare in tutti i posti è ridicolo. Anzi, sostenere questo porta come logica conseguenza il sostegno a molti più interventi come questi qui, almeno dove ciò è fattibile. Insomma, chi è a favore di questo intervento ha ragioni di obiettare “perché non anche lì?”, ma chi è contro dovrebbe – semmai – celebrare il fatto che non ce ne siano di altri interventi simili.Spesso questo argomento viene sostenuto su due tipi di speculazioni. Entrambe piuttosto cerebrali e indimostrabili: una è quella del complotto dei media che raccontano violazioni che non ci sono. La seconda è che gli Stati intervengano in Libia per il petrolio (vedi punto 1) e non negli altri posti perché non ce n’è. La prima rimodula in diverse maniere questo concetto: Gheddafi non sta uccidendo la popolazione (nonostante sia lui stesso ad averlo promesso), i mezzi di comunicazione sono conniventi con le superpotenze e plasmano l’opinione pubblica attraverso un determinato linguaggio (in realtà, non so se ci avete fatto caso: in Tunisia e in Egitto chi protestava era definito da tutti “il popolo egiziano/tunisino”, in Libia tutti parlano di “ribelli”, accettando sostanzialmente la retorica di Gheddafi). Anche questa obiezione è semplice da risolvere: se c’è un complotto non sei certo tu l’unico talmente intelligente da andare oltre alla cortina di fumo che hanno diffuso per tapparci gli occhi. Quindi parliamo di quello che sappiamo.
La seconda è che la bontà delle opinioni di chi è genuinamente favorevole all’intervento sia inficiata dalla malafede di chi le attua. Io non so a quali segretissime fonti abbiano accesso queste persone per leggere le menti di quei capi di Stato, tuttavia c’è un dato abbastanza ovvio: se Cameron, Obama e Sarkozy non agiscono su considerazioni umanitarie, non lo fanno certamente coloro che sono sempre stati riluttanti all’intervento: Hu Jintao, Putin/Medvedev, ma anche i Partiti dell’Egoismo come la Lega Nord o i Tea Party. Se la mia opinione a favore dell’intervento è “sporcata” dal fatto di condividerla con Obama, quella di chi è contrario ha una compagnia ben più odiosa: quella di Borghezio, di Putin, di Hu Jintao, e di tutti i dittatori del mondo a cui piace la camera disordinata così com’è. Sarà meglio rassettarla?